LUMEZZANE Ciao, Ema. Sì, con una emme sola, come l'hanno sempre chiamata
gl'infiniti clienti del suo bar, nel 1953 il primo ad aprire sotto
l'ombra del campanile di S. Apollonio, fra tante osterie. Se n'è andata
ieri mattina, a 84 anni, cinquantacinque consumati in quello che ora è
il Caffé Portegaia, le stagioni come i tempi d'una sonata, ma per la
Ema, mai l'andante o l'adagio, quanto il fervente mosso e ancor più
l'allegro, i problemi propri lasciati al piano di sopra, il sorriso e la
battuta, ritagli di felicità da offrire come dono dovuto, covasse o no
il magone.
Ciao, Ema, la Ema del bar, com'era identificata
semplicemente. Da lei sono passate generazioni intere, quelle del juke
box (il primo ad affacciarsi in valle) dei flipper, delle bevande più
ricercate, dei vini pregiati quando correva il benessere. Un punto
d'incontro per liberare intere serate al pizzico d'una chitarra, al
lamento nasale d'una fisarmonica, al tremulo d'un mandolino e la Ema,
con la voce forte e chiara di mezzo soprano, pronta alla melodia più
innamorata, al dono d'un senso della vita da cogliere per non farsi
invischiare nel quotidiano ansimare, da quell'universal veglione che è
il passaggio su questa Terra.
Emma Prandelli (de Pacioto, secondo
vezzo lumezzanese, ora in lento spegnersi, che pretende il soprannome
della famiglia) ha dato molto in termini d'umanità. Nel suo bar, per
anni, anche le figlie Mara e Violetta, ora il figlio Alessandro. Un
auspicio non certo per il qui ed ora, ma nell'infinito: per Te sia la
luce. Nel ricordo che si fa salvezza d'una persona cara, momentaneamente
perduta.
e. b.
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