Nascondere il vero guadagno con costi mai sostenuti grazie a fatture
false che attestino il pagamento per acquisti o operazioni inesistenti.
Un mezzo, di fatto, per evitare di pagare le tasse su quanto ricavato
complessivamente. Con questo metodo e servendosi di società «cartiere»
esistenti al solo scopo di produrre quelle fatture, seppur false,
un'azienda che operava nel settore del commercio dei rottami metallici
di Lumezzane avrebbe prodotto costi indebitamente dedotti dal reddito
imponibile per 8,5 milioni di euro.
A scoprirlo sono stati gli
uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di finanza di
Brescia dopo una serie di indagini e verifiche nate dopo una precedente
operazione denominata «Pulcinella» che aveva portato all'arresto di
undici persone (due in carcere, nove ai domiciliari) per una maxifrode
fiscale che dal Napoletano arrivava alla Valgobbia. Tre le «società
cartiere» che erano state individuate che coprivano contabilmente gli
acquisti di materie prime effettuati da diverse imprese, tra le quali
anche quella di Lumezzane finita nuovamente nel mirino dei militari
della Finanza che, peraltro, in quella circostanza avevano posto sotto
sequestro preventivo 15 immobili, un terreno, un'autovettura di lusso,
due moto e un rimorchio, tutti riferibili - secondo l'accusa - alla
ditta sottoposta a verifiche.
E il nuovo filone di indagine sulla
ditta valgobbina ha portato poi alla scoperta di un'evasione di Iva per
1,7 milioni di euro e omessi versamenti di Irap per 360mila euro. Ma non
si tratta della sola frode fiscale scoperta negli ultimi giorni dalla
Guardia di finanza bresciana che nei primi quattro mesi dell'anno ha
provveduto a denunciare 30 persone, dieci delle quali per omessa
dichiarazione dei redditi, sedici per occultamento o distruzione
contabile, e otto per presentazioni fraudolente ed emissione di fatture
per operazioni inesistenti.
Tra i casi rilevanti anche quello di un
concessionario d'auto di Gavardo, scoperto dai militari della tenenza di
Salò che ha evaso l'Iva per 1.200.000 euro negli anni che vanno dal
2007 al 2010. Secondo quanto accertato dalle Fiamme gialle gardesane a
fronte di normali acquisti di auto usate nei Paesi dell'Unione europea,
la ditta sfruttava illecitamente il regime europeo per la vendita (il
cosiddetto regime del margine). L'azienda che vendeva gli autoveicoli in
Italia emetteva due distinte fatture: una che consegnava al cliente,
regolare, con indicazione dell'Iva; un'altra che però veniva annotata
nella contabilità, con lo stesso importo complessivo ma senza indicare
l'Iva. Il venditore così facendo incassava di fatto l'imposta senza
versarla allo Stato. Non solo: sono state registrate fatture per
operazioni inesistenti per più di 200mila euro negli anni 2008, 2009,
2010 e ha omesso di dichiarare ricavi per 140mila euro. dz (giornale di brescia)
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