Giuseppe Mazzaferro, arrestato per riciclaggio ieri mattina nella vasta operazione della squadra Mobile non è un nome nuovo degli ambienti della giustizia bresciana: accusato di affiliazione mafiosa nel 2007, fu condannato a 5 anni di carcere in primo grado e venne poi assolto in appello. Fino a ieri, di lui, si erano perse le tracce.
SE Giuseppe Mazzaferro non è nuovo alle cronache bresciane, lo stesso si puó dire anche del suo cognome che caratterizza la 'ndrina dei Mazzaferro, da anni attiva a Marina di Gioiosa Jonica con importanti ramificazioni al nord oltre che in Germania, Belgio e Scozia. La famiglia, specializzata nel traffico di armi e droga (per un certo periodo si occupó anche di traffico di sigarette ed estorsione alle imprese edili chiedendo un pizzo del 5% sulla cifra totale dell'appalto) vanta un rapporto di alleanza con i Calabró e i Morabito oltre che con i Macrì e gli Ursini, tutte realtà di spicco della realtà calabrese.
A BRESCIA i Mazzaferro avevano un locale, a Lumezzane, chiuso tempo fa insieme ad altri esercizi sparsi nella Lombardia tra Milano, Monza e Varese. Il collegamento più inquietante tra i Mazzaferro e Brescia non riguarda però il traffico di droga ma il sequestro di Roberta Ghidini, rapita in una mattina d'inverno del 1991 a Centenaro di Lonato. Per ottenere la liberazione della ragazza pare che il ruolo di mediatore sia stato svolto proprio da Vincenzo Mazzaferro, all'epoca dei fatti indiscusso boss della 'ndrina e in buoni rapporti con gli Ierinò. E questa sua operazione sarebbe stata la causa del suo assassinio, il 14 gennaio del 1993.D.BO.
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