martedì 2 dicembre 2014

Emergenze: l´auto medica «spetta» a Lumezzane

Le novità fanno spesso paura, ma poi ci si abitua e il cambiamento entra naturalmente nell´ordine delle cose. Il messaggio lo ha lanciato Claudio Mare, responsabile del «118» di Brescia, durante il convegno organizzato a Villa Carcina in occasione del 40esimo di fondazione dell´Associazione autolettiga Avis.
Seduti al tavolo dei relatori c´erano anche Ezio Belleri, direttore generale dell´Azienda ospedaliera Spedali civili di Brescia, il padrone di casa, Ruggero Bertazzi e il sindaco Gianmaria Giraudini, i quali hanno sottolineato alcune criticità per gli addetti ai lavori, ricordando però anche l´ottima ristrutturazione del pronto soccorso dell´ospedale di Gardone. Ma di quali novità parlava Mare?
Anche dell´auto medica della Valtrompia, alla quale i lumezzanesi, i volontari della Croce bianca, non sono disposti a rinunciare. L´argomento cardine è stato però l´arrivo del numero unico europeo d´emergenza 112. «Non una scelta ma un obbligo - ha spiegato Mare -. Un servizio che ripropone quello già adottato altrove».
A Brescia il nuovo numero sarà operativo a partire da marzo, quando tutte le telefonate di emergenza confluiranno in un´unica centrale operativa. «Questo servizio, che negli Stati Uniti esiste da 50 anni e si chiama 911 - ha sottolineato il rappresentante del 118 -, è il futuro. Come tutte le novità avrà bisogno di tempo per partire ed entrare a regime, ma il progetto pilota attivo dal 2010 a Varese è un successo: in una giornata arrivano in media 7.600 chiamate, con un tempo medio di risposta pari a 3 secondi. Per compilare la scheda anagrafica, capire le necessità e passare la chiamata alla struttura di secondo livello passano 40 secondi».
E l´auto medica? Valeriano Gobbi, presidente della Croce bianca di Lumezzane, ha ricordato che «non è un capriccio dei lumezzanesi. Da anni i nostri volontari sono parte integrante del servizio di soccorso, e grazie ai nostri militi abbiamo fatto risparmiare circa un milione e mezzo di euro alla sanità pubblica. Credo che un minimo di riconoscenza ci sia dovuta». M.BEN.

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