«De milagro econòmico a simbolo de
la crisis». Non ha bisogno di traduzione uno dei titoli principali
riportati ieri dall´edizione domenicale del quotidiano nazionale
argentino «La Nacion», la seconda testata per diffusione nel grande
Paese sudamericano che
stampa fino a 250 mila copie al giorno. Nel servizio firmato dalla
corrispondente Elisabetta Piqué, e ripreso anche in versione on line
attraverso il sito lanacion.com/ar, si parla approfonditamente della Valgobbia descrivendo la crisi del sistema imprenditoriale
lumezzanese.
E se ne parla senza mezzi termini, ricordando che negli anni ´50 questa
era conosciuta in mezzo mondo come la «Valle dell´oro», mentre oggi
viene utilizzata la definizione di «paese fantasma». In tempi di
elezioni, probabilmente, è parso facile accostare la
realtà politica italiana e la congiuntura economica, con la seconda che
secondo il quotidiano argentino sarebbe una delle conseguenze dirette
della prima.
«Lumezzane è diventato il simbolo della crisi che sta attanagliando
l´Italia - si legge nell´articolo - ed evidenzia il totale fallimento
della classe politica per fermare il disastro». Il caso valgobbino è
approdato oltre oceano e viene dipinto raccontando
uno stato di depressione e scetticismo, con numerosi capannoni chiusi e
gli ormai numerosi avvisi «affittasi» e «vendesi» sulle pareti.
Nella cronaca della giornalista argentina trovano spazio anche alcune
testimonianze di operai costretti a lavorare in nero, con contratti
precari e magari a vivere ancora con i genitori non potendosi permettere
soluzioni alternative.
E c´è anche una testimonianza diretta: «Qui la situazione generale è
molto complicata - dice nel video messo in rete dal sito internet de La
Nacion il responsabile dell´export della Pinti Inox, Pierluigi Paterlini
-, ma lo è anche in Italia è in tutto il mondo.
La nostra azienda, nonostante sia passata dai 300 operai agli attuali
120, ha saputo innovarsi, ha iniziato a esportare e resiste alla crisi».
«È vero che nella zona chiude un´azienda al giorno?» Chiede la
giornalista: «Non so se i dati sono corretti, ma sicuramente molti hanno
chiuso», risponde Paterlini . F.Zizzo - Bresciaoggi
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