È un fatto straordinario e raro
anche per la popolosa Lumezzane: oggi in Valgobbia compie 100 anni suor
Bonaventura Zani; l´11 novembre toccherà ai 93 del fratello Giovanni, e
nel prossimo febbraio saranno 98 per la sorella Caterina. Insieme fanno
291 primavere,
quasi tre secoli.
Sono gli ultimi viventi dei nove figli di Pietro Zani (ramo Marchitì) e
Maria Crescini: vivevano a Piatucco in una grande casa padronale, con
terreni e boschi che arrivavano fino al Santellino. Una famiglia
patriarcale contadina nella quale tutti davano una
mano: ricordano la fienagione, le mucche al pascolo, la legna da
tagliare e portare a casa in una Lumezzane che ora non c´è più, divorata
dallo sviluppo industriale.
Suor Bonaventura, al secolo Angela, è entrata a 22 anni nell´ordine
delle Dorotee e ha dato i voti a 25 anni. Poi esperta in cucina, ha
fatto la cuoca in tutte le case nelle quali ha passato la sua vita
religiosa insegnando catechismo e facendo la maestra d´asilo:
prima destinazione in città, a San Faustino, poi a Vobarno, Odolo,
Concesio, infine, ormai settantenne, a Villa San Giuseppe, nella casa di
riposo delle Dorotee a Brescia, dove fino a poco tempo fa ha continuato
nel suo mestiere e dato una mano nell´assistenza
alle consorelle più anziane.
Nell´invito ai parenti, una tribù, alla messa di «ringraziamento» che
oggi alle 16 sarà celebrata nella casa di riposo, propone un ricordo
commosso dei suoi: la mamma morta giovanissima a 49 anni, il papà che
pur ammalato il giorno prima della morte volle andare
a messa e si fece portare in chiesa. E ancora i sei fratelli scomparsi,
«veri cristiani che ci aspettano in cielo», dice.
La festa di famiglia (saranno almeno una settantina i partecipanti) con
un ricordo speciale è organizzata dai suoi nell´oratorio di Piatucco per
l´11 novembre, compleanno del fratello Giovanni, anche lui cresciuto
con tutti nella grande casa paterna: lavorò
un po´ nella Polotti in officina, poi, sofferente a una gamba, tornò a
fare il contadino coi suoi. Si sposò nel ´56 con Ada Torcoli che gli fa
ancora compagnia con l´unica figlia, Marisa.
Infine Caterina, del 1915, il «puntèl dè famia»: fu lei dopo la morte
prematura della mamma il riferimento in casa per tutte le faccende ma
anche per dare una mano nei lavori in campagna. I nipoti la ricordano
sempre affaccendata in mille attività dalla mattina
alla sera. Ha passato tutta la vita in compagnia dei parenti: «Non ho
avuto il tempo di sposarmi», racconta. E.BERT. Bresciaoggi 05/11/12
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