mercoledì 21 settembre 2011

Fogne, Brescia nel mirino dell'Ue

Un Comune su quattro non depura i propri scarichi e il rischio sanzioni comunitarie è diventato reale Altre spine da referendum, Comuni «ribelli» e Governo
La provincia di Brescia nel mirino della corte di giustizia dell'Unione Europea. Il motivo? Un Comune su quattro non depura le fogne, gli scarichi inquinano da decenni fiumi e laghi in modo indiscriminato, i progetti di depuratori e collettori sono al palo. Da anni. E il rischio reale è quello di incappare in procedure di infrazione europee condite da milioni di euro di sanzioni che verranno impartite allo Stato, il quale si rifarà sulla Regione che a sua volta chiederà conto alla Provincia. Un effetto domino dagli effetti economici potenzialmente devastanti. E' questo il quadro sconfortante, affrescato ieri mattina alla commissione provinciale Ambiente dalla dirigente dell'unità risorse idriche del Pirellone, Viviane Iacone. Situazione resa ancor più grave dal recente referendum che ha cancellato la possibilità di applicare tariffe dell'acqua che vadano a coprire i necessari investimenti. Ciliegina sulla torta: entro fine anno una legge regionale impone che si trovi un unico gestore al quale affidare il sistema idrico integrato (acquedotti e depurazione). Una sorta di aggregazione dei gestori attuali, ovvero A2A, AOB2 Cogeme e Garda Uno. Mission che gli stessi consiglieri provinciali giudicano altamente improbabile.
PROSPETTIVE NERE. «In troppi agglomerati della provincia mancano fogne, collettori, depuratori - taglia corto Viviane Iacone - e lo dimostra il grave inquinamento di fiumi, laghi e falde. Il problema è che si è in ritardo di 20 anni sulla direttiva comunitaria. Per questo è partita la procedura d'infrazione e siamo ad un passo dal deferimento alla corte di giustizia». Una situazione condivisa da altre province lombarde a partire da Milano e Bergamo. Servono urgentemente fondi. «Sarebbero necessari 6 miliardi per garantire alla regione una depurazione essenziale - aggiunge Viviane Iacone -; cifre che logicamente non hanno copertura».
Se ci si focalizza sulla provincia le cose non vanno meglio: l'Aato «ha un programma di investimento di 130 milioni nei prossimi tre anni» spiega Marco Zemello, direttore della nuova azienda provinciale che dovrà gestire il servizio idrico integrato. Ma servirebbero 700 milioni per un'adeguata copertura della rete fognaria. Che fare? «La Regione sta pensando ad un fondo di public utility per venire in aiuto delle province - spiega Viviane Iacone -, ma serve con urgenza un cronoprogramma e soprattutto è indispensabile risolvere il problema del modello tariffario. Il governo deve provvedere a trovare una soluzione dopo la vittoria dei referendum».
IL NODO TARIFFE E GESTIONE. Il referendum ha impedito ai gestori l'aumento delle tariffe sul leitmotiv dell'acqua pubblica. Ma il problema è che così non ci saranno più fondi per realizzare i depuratori chiesti dall'Europa. Le Regioni hanno chiesto al ministero un nuovo modello tariffario ma non arrivano risposte.
Serve in fretta una nuova legge, in linea con l'Europa. «Per il diritto comunitario deve essere garantito il recupero della copertura finanziaria ai debiti contratti - aggiunge Zemello - oggi le tariffe Ato di 1,13 euro a metro cubo prevedono una remunerazione del capitale investito, anche se minima pari cioè a 0,09 euro a metro cubo».
Le banche non presteranno soldi ad un gestore che voglia realizzare un depuratore sapendo che non «rientrerà» adeguatamente con le bollette pagate dai cittadini. Ultimo ma non meno spinoso problema. «La legge regionale 21 impone l'affidamento del servizio idrico integrato ad un unico gestore entro fine anno» ricorda Zemello. Del resto non sono previste sanzioni per costringerla» hanno commentato ieri i commissari. Altro punto chiave: i Comuni che vorranno avere una gestione in economia potranno farlo, ma la Provincia dovrà compartecipare alla società di gestione.
LE PERPLESSITA'. «Va risolta la questione della tariffa ed era opportuno che la Regione legiferasse in questo senso» commenta Fabio Ferraglio del Pd scettico sui tempi di assegnazione del sistema idrico «che non verrà risolto in tre mesi, visto che non ci sono sanzioni a punire le province disubbidienti».
Per Diego Peli del Pd, Gianpaolo Mantelli del'Udc ed Ermano Pasini del Pdl è fondamentale risolvere il problema dei Comuni ancora non aderenti al piano d'ambito (in sostanza tutta la Valcamonica) dando loro un ultimatum. Lo stallo rischia di diventare cronico: gli enti locali «ribelli» non vogliono tariffe più care ma così facendo non possono avere i depuratori. Un tema su cui dovrà lavorare il consiglio provinciale.

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